10 Essential Thelonious Monk Album [Jazz Legends Series]

Genius Of Modern Music (1947-52)

Disponibile in due volumi separati o come set completo, questa raccolta delle prime registrazioni di Monk come bandleader per Blue Note segnala un giocatore e compositore di sorprendente originalità e sicurezza.

Oltre ad introdurre classici futuri come ‘Round Midnight’, ‘Ruby My Dear’ e ‘Well You Needn’t’, insieme ad alcuni standard jazz appena coniati, queste registrazioni sono piene di energia e scintilla.

Gli arrangiamenti, spesso con più corni, sono strettamente focalizzati ed economici. Schegge scintillanti di stride, bebop e oltre, che più che all’altezza del titolo dell’album.

Thelonious Monk Trio (1954)

Un album breve ma assolutamente convincente, Monk’s first for the Prestige label presenta, nonostante il titolo, un cast di collaboratori, tra cui il sottovalutato Gary Mapp al basso e batteristi Art Blakey e Max Roach.

Il pianoforte leggermente stonato sembra solo evidenziare l’intensità e la muscolosità del gioco, specialmente sul virtuosistico “Trinkle, Tinkle”.

Suona Duke Ellington (1956)

Un altro album in trio, questa volta in compagnia costante di Oscar Pettiford al basso e Kenny Clarke alla batteria.

È l’unico album di Monk dedicato alla musica di un altro compositore ed è un abbinamento perfetto.

C’è un evidente lignaggio di influenza che collega Monaco con il pianista & compositore, Duke Ellington, e rende omaggio con stile, rielaborazione di classici come “It Don’t Mean A Thing, If It Ain’t Got That Swing…” e “Mood Indigo” usando la sua inconfondibile impronta digitale e ritmica imprevedibilità, abbagliante di arpeggio viene eseguito, sfacciato discordanti cluster, l’uso sapiente dello spazio e del silenzio.

“I Let A Song Go Out Of My Heart” solleva lo spirito dalle sue prime note.

Brilliant Corners (1957)

La terza registrazione di Monk per l’etichetta Riverside è un lavoro straordinario.

Presenta un gruppo di musicisti (tra cui Sonny Rollins) infamamente alle prese con alcune delle impenetrabili scritture del leader.

La title track, con i suoi inaspettati cambi di tempo, ha richiesto 25 take per essere perfetta, ma il risultato è un classico moderno.

Monk’s Music (1957)

Registrato nello stesso anno di “Brilliant Corners”, questo è un altro album straordinario: un septet tra cui Coleman Hawkins e John Coltrane affrontare una grande serie di brani.

Registrato in una singola sessione, suona sia preparato pensieroso (vedi la traccia di apertura, un arrangiamento solo per le corna di “Abide With Me”) che coraggiosamente fuori dal bracciale (il monaco testimone che grida ” Coltrane, Coltrane!”per annunciare il prossimo assolo in”Well You Needn’t”).

C’è anche la prima registrazione della bella ballata di Monk “Crepuscule With Nellie”, dedicata a sua moglie.

Thelonious Monk Quartet with John Coltrane at Carnegie Hall (1957, pubblicato nel 2005)

Un album dal vivo che ha gettato polvere nei caveau di ‘Voice Of America’ fino alla sua riscoperta e pubblicazione nel 2005, questo è un glorioso documento del quartetto di breve durata di Monk con John Coltrane.

Splendidamente registrato, cattura la band al culmine dei suoi poteri, con l’ulteriore vantaggio di ascoltare Monk stesso su un pianoforte a coda da concerto in una maestosa acustica.

John Coltrane suona assolutamente magistrale in tutto, nonostante una volta rimarcando che giocare con Monk era “come essere caduto giù da un pozzo dell’ascensore”.

Monk’s Dream (1963)

L’affidabile e longevo quartetto di Monk con il sassofonista Charlie Rouse è qui catturato in un ottimo momento, in un’eccellente registrazione prodotta da Teo Macero.

L’unica nuova composizione di Thelonious Monk è Bright Mississippi, ma lo swing senza sforzo e l’interazione di questa sessione hanno reso Monk’s Dream l’album più venduto del leader per una buona ragione, con Rouse in particolare che suona pienamente in carica.

Big Band &Quartet In Concert (1964)

Una registrazione dal vivo dal Lincoln Center di New York per la Columbia Records, questa è una rara occasione per ascoltare alcuni brani familiari nell’insolita ambientazione di un gruppo di dieci pezzi che include il monaco aficionado Steve Lacy e l’altoist Phil Woods.

Edificante ed esuberante, contiene anche il riarrangiamento big band di Hal Overton di un intero Monk piano solo su ‘Four In One’.

Solo Monk (1965)

Al contrario, questo album è solo uomo e pianoforte.

Una raccolta di registrazioni solistiche del 1964 e del 1965, offre un’affascinante indagine sulle influenze e le invenzioni di Monk. Dai un’occhiata al pianoforte stride effervescente su “Monk’s Point”, per esempio.

Underground (1968)

Underground fu l’ultima registrazione di Thelonious Monk Quartet.

Con un’audace copertina vincitrice di un Grammy Award, quattro nuove composizioni di Monk e un approccio sicuro che smentisce la sua posizione nel percorso di carriera dei leader, mette in mostra ancora una volta il suo rapporto energico con Charlie Rouse.

Grazie per esserti unito a noi in questa rapida corsa attraverso 10 dei migliori album di Thelonious Monk. Sceglierli non è stato certamente un compito facile data la brillantezza della discografia dei pianisti, quindi ti consigliamo vivamente di continuare la tua ricerca attraverso il suo catalogo!

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